Opera Aperta​​​​​​​

Nel Duemilaventi un male invisibile, ma duramente tangibile, ha fermato sia il mondo che abitiamo sia il mondo del Cinema e del Teatro. Il blocco delle rappresentazioni sul palcoscenico, sul grande schermo ed in generale del settore artistico-culturale, ha sollevato numerose questioni: qual è oggi il valore dell’arte e della cultura? Abbiamo un'arma in meno per costruire coscienza, complicità e pensiero critico oppure riusciremo a colmare il peso del vuoto e dell’assenza?
Prende avvio a Dicembre 2020 il progetto espositivo Opera Aperta, una risposta alla chiusura di cinema, teatri e musei che vuole portare l’espressione artistica direttamente nel contesto urbano, sollecitando la produzione di ventitré grafici e illustratori veronesi e la partecipazione attiva dei cittadini nel ripensare i luoghi della cultura.
Scardinando le normali metodologie di fruizione e la tradizionale lettura cronologica delle opere, il progetto si presenta come un percorso espositivo erratico, strutturato da un insieme di interventi site-specific concepiti per gli spazi verticali delle bacheche di cinema e teatri nella città di Verona.  
L’esigenza comunicativa è ciò che accomuna gli artisti selezionati, ognuno dei quali ha intrapreso un proprio linguaggio visuale, non solo mediante modalità eterogenee ma anche con una significativa impronta personale finalizzata ad una capillare diffusione del messaggio artistico e ad una più ampia condivisione di contenuti.
Le opere prodotte abitano lo spazio del quotidiano, il ritmo dei cittadini e il paesaggio urbano dando vita ad un percorso visivo itinerante che si sviluppa contemporaneamente in dodici zone della città. L’intero progetto espositivo si vivifica nel rapporto diretto con il fruitore che viene stimolato e accompagnato dagli autori - attraverso domande pensieri e citazioni - ad una riflessione critica sulla cultura, sull’arte e la società di questo tempo.
Un confronto che si misura quindi con un pubblico reale e con uno scenario, quello della strada, sempre diverso: la bacheca, nello spazio geografico, diventa il luogo in cui l’immagine si manifesta, l’utenza occasionale moltiplica i punti di vista, le situazioni di luce inglobano l’opera che diviene a sua volta paesaggio nel paesaggio.
Abbattendo le ideali pareti, chi espone, chi organizza e chi visita si incontrano virtualmente in temporanei spazi di imprevedibilità dove il semplice passante si fa spettatore: volente o nolente, viene coinvolto e diventa complice di un messaggio “altro”, che non è funzionale alla vendita di oggetti, servizi e desideri, ma che tenta di instaurare un discorso.

L’opera d’arte si apre agli oggetti ordinari, al linguaggio, al corpo e al contesto politico-sociale. Ogni azione è rivolta ad una comprensione e ricerca del quotidiano e del posto dell’individuo in esso. La realtà viene proposta come occasione esperienziale e l'opera può diventare spunto per innestare relazioni interpersonali che avvengono nel “qui e ora” dello spazio e del tempo espositivo. Emerge, dunque, il bisogno di una rilettura dell'arte, che non si vuole più dal punto di vista esclusivamente della storia dell'arte ma interpretata in relazione all’osservatore: il pubblico non è più semplice spettatore ma diventa attore, interlocutore di ogni singola azione.
A questo proposito la scelta del titolo Opera Aperta: un invito, citando Pousseur, a promuovere nell’interprete “atti di libertà cosciente”, a porlo come centro attivo di una rete di relazioni inesauribili tra le quali egli instaura la propria forma.
Anche nell’analisi condotta da Umberto Eco, il ruolo dell’autore è quello di rendersi consapevole e portatore della visione del mondo della sua epoca, mentre il ruolo del fruitore – che non è più passivo, ma interprete – è quello di ricreare a propria immagine il prodotto indefinito dell’artista: ogni frase, ogni figura, avvia ad una multiformità di significati e infinite possibilità della forma; spetta dunque al lettore scoprire e scegliere la chiave di lettura che più appare esemplare.
Oltre ad avere valore in sé, l’arte svolge dunque nella dimensione urbana un’importante funzione sociale di “attivazione” di processi e relazioni nella vita di tutti giorni così che l’esperienza dell’arte come l’esperienza della città - intrinsecamente connaturata negli individui - assuma valenze diverse a seconda delle relazioni che essa stabilisce con i fruitori e lo spazio urbano circostante. All’interno delle dinamiche comunicative che passano dall’ambiente stradale, l’arte urbana, nutrendosi dell’iper-informazione visiva della città e rielaborandola in un continuo remix di forma e contenuto, appropriazione linguistica e ribaltamento semantico, si erge a competere con la pubblicità e con le altre manifestazioni che fanno parte del regime visuale imposto e dominante nello spazio pubblico. Da qui la decisione di utilizzare il manifesto come strumento, mezzo e veicolo di Opera Aperta. Dal latino manifestus, manufestus 1. Palese, chiaro, evidente, offerto apertamente alla vista o all’intelletto altrui […]  è un dispositivo simbolico, in uso da secoli, utile a comunicare ed esibire valori condivisi nelle società, essendo peraltro uno strumento strettamente legato alle tradizioni e alla cultura “popolare” dell’immagine. Ricalcando una propria iconologia e in virtù di una lettura rapida e diretta, il manifesto si offre apertamente alla vista e all’intelletto altrui affidando l’efficacia del messaggio al potere dell’immagine combinata con altri elementi come quelli afferenti alla parola scritta o il carattere tipografico, la scelta cromatica e precise regole grafiche.
Il manifesto, dunque, è un gesto comunicativo politico dove politico significa che pertiene alla polis, alla città, perché si rivolge ai cittadini, membri di una comunità, formanti una collettività. È democratico: sta nello spazio del quotidiano, si rivolge a tutti, capta il pubblico che più gli interessa, lo interpella per un parere, per rivolgergli una domanda, per spingerlo alla riflessione. La sua fruizione è una libera scelta, non c’è intrusione o costrizione, non interrompe in quello che stiamo facendo ma ci accompagna.
Attingendo dunque a tale iconografia, la scelta di utilizzare il linguaggio della grafica e dell’illustrazione come pratica artistica deriva da una duplice volontà: evidenziare l’identità estetica-concettuale di ogni artista e, contemporaneamente, definire in ciascun lavoro una serie di elementi ricorrenti legati alla sintassi dello spazio, della materia e del colore. L’elemento visual, la componente iconica, il carattere tipografico e lo specifico messaggio che l’autore intende comunicare si diversifica in ogni produzione, mentre il formato, la tecnica, la materia di stampa e la palette cromatica fanno da denominatore comune nell’intero percorso visivo.
I Manifesti acquistano una nuova connotazione nell’eliminazione dell’intermediazione, semplificando e trasformando il momento della rappresentazione in una pratica diretta. Il contesto di lettura è ampio, essendo il lettore il generico passante che viene a trovarsi di fronte a un messaggio.
Occupando le strade di Verona, le opere proposte fuori dal sistema dell’arte, portano con sé pensieri, valori e sentimenti di questo tempo. Sono manifesti che reclamano il ruolo della cultura non solo come volano di economie di consumo e di profitto quanto piuttosto economie dell’anima e dello spirito. Un tentativo, quello di Opera Aperta, di dare una nuova forma al vuoto e nuova vita allo spazio: l’assenza si fa presenza, le immagini e le parole instaurano un nuovo dialogo con la città, invitando lo spettatore ad emanciparsi dalla passività e occupare un ruolo più attivo che diventi traccia di uno sviluppo non solo artistico ma anche sociale.

Progetto a cura di 
Agnese Barbarani

Direzione e progettazione grafica di
Paolo D'Amato ed Emanuele Zoccatelli

Lavori di
Giacomo Bagnara, Lorenzo Ballarini, Anna Dietzel, Blazer, Alessandro Bombieri, Daniele Coletti, Mattia Cristini, Marco Donatelli, Paolo D’Amato, Studio Fantastico, Elisa Fior, Leonardo Fiorini, Filippo Giuliari, Incorrect, Pietro, Rigo Langè, Tommaso Lavagnoli, Edoardo Marconi, Massimo Dalle Pezze, Federico Rossini, Andrea Rubele, Michela Salvagno, Matteo Tacconi, Tatanka, Emanuele Zoccatelli.




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Opera Aperta
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